L'inquinamento luminoso è stato definito come un'alterazione artificiale dei livelli di luce naturalmente presenti nell'ambiente notturno.
Esso può produrre diversi tipi di problematiche, riassumibili in tre tipologie principali.
Il danno ambientale può essere prodotto nei confronti dell'uomo, degli animali e delle piante, che utilizzano la luce per regolare i loro ritmi vitali (ciclo circadiano, fotoperiodo).
Esiste un rilevante problema di tipo economico, consistente nel fatto che tutta l'energia elettrica utilizzata per produrre luce indirizzata in modo errato e diretta verso l'alto, o comunque non verso i soggetti o le aree cui essa è funzionalmente dedicata, risulta evidentemente sprecata. Per queste motivazioni il tema dell'inquinamento luminoso è spesso abbinato a quello del risparmio energetico, ed a questo proposito vi è da constatare che l'introduzione della tecnologia a diodi luminosi ha quanto meno fortemente incrementato la resa luminosa degli apparecchi a parità di consumo elettrico.
Vi è infine un danno che potremmo definire culturale, in quanto le osservazioni del cielo stellato da parte di scienziati e appassionati risulta in molte aree del pianeta molto difficoltosa se non oramai impossibile.
La Regione Lombardia ha predisposto nell'anno 2000 una delle prime leggi regionali che affrontano il fenomeno, individuando contestualmente delle fasce di rispetto attorno agli osservatori astronomici e modulandone l'ampiezza in relazione al grado di importanza dell'osservatorio che la genera.
Nella predisposizione di nuovi interventi edilizi/urbanistici o comunque di operazioni che prevedano l'uso di illuminazione artificiale, è pertanto necessario che siano rispettate le norme in materia di contenimento dell'inquinamento luminoso.
Semplificando al massimo, sono in primo luogo da evitare tutte le situazioni in cui il flusso luminoso dell'apparecchio è indirizzato al di sopra della linea dell'orizzonte.